mercoledì 20 marzo 2013

AUTISMO E BAMBINI, UNA REALTA' DIFFICILE E VARIEGATA





L'autismo è una patologia che interessa la sfera cerebrale, influenzando in particolar modo la socialità e la comunicazione dell'individuo che ne è affetto. Rientra nella categoria dei ''disturbi pervasivi dello sviluppo'', e colpisce nella stragrande maggioranza individui di sesso maschile. Esistono diverse forme di Autismo, più o meno invalidanti.

Questo in linea molto generale, ma rappresenta una doverosa introduzione alla situazione delicata che mi appresto a scrivere.

Nell'uffico di una mia collega si sono presentati due genitori che le hanno richiesto di '' ricoverare il figlio autistico'', dato che non riuscivano più a gestirlo.

Come si può rispondere ad una richiesta del genere? Innanzitutto bisogna capire se il bambino ha già avuto contatti con il servizio di Neuropsichiatria Infantile, e valutare il progetto studiato per lui. Spesso infatti i bambini sono seguiti dalla Npi senza che vi sia intervento da parte del servizio sociale.

Subito dopo è necessario capire cosa  intendono i genitori con l'espressione ''ricovero''; pensano ad un collocamento a lungo termine fuori dalla famiglia oppure un intervento temporaneo che dia loro un pò di sollievo?
Questa informazione è necessaria per capire se ci troviamo davati ad una dinamica espulsiva piuttosto pesante oppure se la richiesta corrisponde ad una soluzione che i genitori hanno elaborato in un momento particolarmente difficile.

Se la risposta dei genitori vira verso il sollievo temporaneo bisogna esplorare alcuni aspetti:

1) Perchè hanno pensato ad un ricovero?
2) Che struttura avevano in mente per il figlio?
3) Come passa le giornate il ragazzo? Qual'è il suo livello di autonomia?
4) Quale professionista potrebbe essere coinvolto, quale parente potrebbe dare una mano durante il giorno?

A questo punto bisogna rivolgersi ad una struttura residenziale oppure cercare una soluzione appunto, coinvolgendo terze persone, organizzando colloqui di conoscenza tra loro e la famiglia del ragazzo, alla presenza del ragazzo stesso.
Bisogna predisporre o intensificare gli interventi di sostegno: aiuto pratico in casa, consulenza educativa, sostegno emotivo ai genitori, centri diurni ai quali il ragazzo potrebbe essere iscritto per aiutarlo nella socializzazione e per consolidare le abilità imparate a scuola.
Importanti sono le azioni e gli obbiettivi da fissare e verificare periodicamente.





Se invece i genitori manifestano una vera e propria richiesta di allontanamento, l'operatore dovrà muoversi con estrema cautela, anche perchè non può essere agito dall'assistente sociale stesso.

Il colloquio a questo punto deve essere impostato sul costruire finalità condivise, è soprattutto necessario offrire alla coppia genitoriale uno spazio di ascolto, prestando attenzione alle situazioni che li mettono maggiormente in diffcoltà.
Fondamentale inoltre spostare il focus dal ''ciò che non funziona'' alla loro ispirazione di  diventare ''genitori adeguati'', nonchè invitare la coppia a collocare il figlio nella loro storia familiare .  



Come sempre, attendo commenti e testimonianze!!

Alla prossima,

Antonietta          

lunedì 11 marzo 2013

 



Buongiorno a tutti, bentornati sulla piattaforma SOCIALMENTEINSIEME''.

Oggi vorrei trattare un tema molto attuale, forse spinoso, sicuramente fastidioso per alcuni di noi.... Perchè, in caso di separazione e divorzi, nove volte su dieci i figli vengono affidati alla madre? E perchè, sempre nove volte su dieci, i piccoli rimangono a vivere indubbiamente presso l'indirizzo materno? In parte, come si dice- per ''consuetudine'', cioè per tradizione o prassi consolidata? In realtà nel 2006 la legge 54 modifica in maniera rilevantissima il tema dell'affidamento dei figli, stabilendo il principio di bigenitorialità...sulla carta.

Chiaramente in questa sede prendiamo in esame situazioni non patologiche, nelle quali uno dei due genitori manifesti problematiche tali da far dipendere certo l'affido del figlio al partner.

Non vi è dubbio che madre e padre debbano avere la stessa responsabilità educativa, gli stessi diritti e gli stessi doveri, ma tutto ciò diventa complicato se ad esercitarlo è il genitore non convivente.

Come assistente sociale operante nella Tutela Minori il lavoro maggiore era rappresentato, come già detto, dalle richieste di indagini psicosociali rivolte ai servizi sociali dal Tribunale. Ho potuto constatare come gli unici casi in cui il figlio dimorava con il padre diventano possibili quando la madre mostrava disinteresse, comportamenti lesivi per il figlio o nel caso fosse fuggita senza dare spiegazioni.

In tema di affidamento dei figlio minore nel caso di separazione personale dei coniugi bisogna far riferimento alla disposizione codificata dall'art. 155 c.c. , la quale prescrive ''che spetta al giudice, che pronunzia la separazione, dichiarare a quale dei coniugi i figli vengono affidati, adottando ogni altro provvedimento relativo alla prole, nell'esclusivo interesse morale e materiale della stessa''

Secondo la giurisprudenza, in linea generale il figlio deve rimanere nella casa dove ha vissuto in maniera prevalente, deve essergli preservato il suo ambiente scolastico e amicale, ma sorge spontanea una riflessione: la casa coniugale viene assegnata alla madre, l'ex marito/ compagno deve però pagarne il mutuo, anche in caso di indipendenza economica della donna o nel caso quest'ultima viva con un nuovo compagno all'interno della stessa casa.

Nessuna polemica, per carità, sono moltissime le donne che soffrono la mancanza di rispetto da parte degli ex partner riguardo l'accordo di mantenimento e le visite ai figli, ma mi piacerebbe che noi tutti rispondessimo a queste domande: forse in fondo in fondo siamo convinti del ruolo predominante della madre nella vita di un figlio, perchè l'ha tenuto in grambo nove mesi? Senza dubbio in Italia siamo ancora ''Mammocentrici'', e risulterebbe estraniante e sorprendente per noi tutti assistere ad una madre che sceglie o accetta di lasciare il figlio al padre...

Eppure, da ormai svariati anni stiamo assistendo ad una profonda e storica trasformazione della figura paterna, ribattezzata da taluni ''mammi'', in realtà più semplicemente ''nuovi papà'', più coscenti del loro ruolo, più partecipativi e coccoloni.

Che ne pensate? Qualcuni di voi può portare testimonianze dirette?

Alla prossima....

Antonietta

NE' CON TE NE' SENZA DI TE...


Vorrei parlare, in questo ''primo'' post, di un argomento che tocca sicuramente molti di noi/voi, e che rappresentava la percentuale maggiore delle '' cartelle aperte'' nel mio ufficio di assistente sociale: rapporti conflittuali con il coniuge. Relazioni così difficili da sconvolgere la vita, da azzerare la razionalità della vita di tutti i giorni.

Tecnicamente funziona così: nel caso di coppie conviventi o sposate con figli- qualora uno dei due decida di chiedere la separazione- si rivolge all'avvocato di fiducia il quale scrive un'istanza ( il documento che riassume nella prima parte la storia della coppia e nella seconda parte le richieste riguardo i termini di separazione) al Tribunale per i Minorenni ( in caso di coppie conviventi) o al Tribunale Ordinario ( nel caso di coppie sposate). Se nell'istanza si ravvisa disaccordo nelle richiesta di affido dei figli, o se il T.M o il T.O. ritiene che il contesto sia potenzialmente o effettivamente difficile per i figli, parte la richiesta di indagine psicosociale ai Servizi Sociali territorialmente competenti.

Altre volte capitata che uno dei due genitori si presentava spontaneamente al Servizio per una consulenza generica.

Ascoltavo le storie incredibili di donne e uomini che accettavano tradimenti, violenze, vite parallele, figli concepiti dal partner con un altro partner, patrimoni dilapidati...donne e uomini che mettevano completamente nelle mani di un partner chiaramente sbagliato, poco equilibrato...

Ogni volta mi chiedevo come fosse possible prolungare l'agonia così a lungo, continuare a perseverare e a sperare che qualcosa cambi, credere alle promesse farlocche e alle palesi menzogne dell'altro...

Le persone che entravano nel mio ufficio erano decisissime a chiudere la relazione e a richiedere la separazione....durante i primi incontri. Sì, perchè con il trascorrere dei colloqui, ritornavano sui propri passi, convinti di dover dare un'altra possibilità al partner, ridimensionando spesso ciò di cui avevano sofferto fino ad allora.

Le mie reazioni erano a volte dispiaciute, a volte rabbiose, sicuramente sorprese...

Poi capii: più o meno direttamente, mi ero ritrovata anche io in quelle situazioni...

metter fine ad una relazione su cui si è investito in ideali, tempo, speranze e che ci ha portato ricordi, figli, esperienze, è cosa assai difficile e dolorosa.

Ma la questione è un'altra: cosa ci ha spinto a scegliere proprio quel partner? Non abbiamo saputo leggere i segnali di ''pericolo''? Quanto possiamo donarci all'altro, e quanto invece dobbiamo salvaguardare di noi stessi anche nelle relazioni più profonde? Quanto dobbiamo vivere prima sulla nostra pelle prima di sentire quel ''clic'' che ci fa capire di aver toccato il fondo?

Mi piacerebbe confrontarci rispetto questi temi...

P.S. a chi si domanda qual'è il seguito con le indagini psico-sociali per il Tribunale: l'assistente sociale deve necessariamente rispondere alla richiesta raccontando i dati rilevati dal racconto di ambedue i partner, specificando però la volontà di ambedue i genitori di riprendere il corso della relazione. Sarà discrezione del Tribunale decidere il corso della vicenda a livello giudiziario.

a presto,

Antonietta

domenica 10 marzo 2013

Eccomi..mi presento

Mi presento..
Buonasera a tutti!

Grazie per essere ''approdati'' nel mio blog!

In questa piattaforma virtuale vorrei parlare con voi del SOCIALE a 360
gradi.

Innanzitutto una mia sinteticissima presentazione: mi chiamo Antonietta
Paglia, pugliese orgogliosissima di nascita e d'adozione dapprima piemontese,
in seguito romagnola e infine siciliana ( per ora!). Sono un'ex educatrice
diventata poi assistente sociale, ho lavorato soprattutto nel settore Minorile
e nell'area disabili.

Per esperienza personale prima e per lavoro poi e mi sono trovata
completamente immersa in questo mondo difficile, contradditorio, affascinante,
spesso ai margini. Ho raccolto e sentito storie di vita ai margini, proteste,
pianti, gioie, scoperto malattie che non conoscevo, vissuto per interposta
persona separazioni difficili, tentato di curare le conseguenze degli sbagli
dei genitori sui figli... lo scambio di esperienze e di vissuti che si venivano
a creare era commovente, profondo, talvolta doloroso, talvolta rabbioso.

Ora che per motivi ''pratici'' ho dovuto lasciare il lavoro sociale ''da
dipendente'' e riadattarlo a ''libera professione'', mi rendo conto di quanto
mi manca...mi ritrovo però sempre più spesso a fare chiacchierate/consulenze
per amici o conoscenti e a raccogliere le loro testimonianze di vussuto nel
''mondo dei servizi sociali'': si, perchè uno degli aspetti che mi ha stupito
maggiormente dei miei trascorsi nel mondo sociale è quanto di noi siano seguiti
o stati seguiti dai Servizi Sociali. Mi è capitato spesso di ritrovarmi di
frinte persone a me conosciute, come vicini di casa...

Disabilità, separazioni conflittuali, droga, disagi esistenziali, genitori
anziani da seguire, nuove dipendenze...seguitemi e scrivetemi, per dare via
così ad uno reciproco scambio di esperienze, vissuti e consigli pratici,
tecnico e soprattutto empatico, senza giudizi e senza tabù.

A presto!!

Antonietta